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martedì 27 ottobre 2009

Colombia: la Chiesa respinge le nuove misure pro aborto


Una sentenza giudiziaria ne promuove l'accettazione nelle scuole

BOGOTA', lunedì 26 ottobre 2009
La Corte Costituzionale colombiana ha dato il via libera a una sentenza che permette l'adozione di nuove misure che promuovono la pratica dell'aborto, la cui depenalizzazione è stata approvata nel 2006 per i casi di stupro, malformazione genetica e incesto.
Nella sentenza, i magistrati hanno dato un limite di tre mesi ai Ministeri dell'Istruzione e della Protezione Sociale perché includano nei programmi educativi la promozione dei diritti sessuali e riproduttivi, tra cui l'aborto, che devono essere presentati in “termini semplici e chiari”.
Rendendo nota la notizia, il segretario della Conferenza Episcopale Colombiana, monsignor Juan Vicente Córdoba Villota, ha respinto la nuova sentenza: “Noi educatori cattolici non insegneremo questo. Insegneremo il rispetto della vita”, ha detto in alcune dichiarazioni alla stampa.
“Un popolo cattolico e cristiano, un popolo che non accetta l'aborto, non può permettere che cinque persone, sei persone decidano per 43 milioni di colombiani. Questa non è democrazia”, ha denunciato.
Secondo quanto ha reso noto il quotidiano “El Tiempo” di Bogotà, per assicurare che l'ordine venga rispettato la Corte chiederà alla Procura e alla Defensoría del Popolo di verificare l'applicazione della campagna e di studiarne l'impatto.

Aborto sempre più facile

La sentenza indica anche che la Sovrintendenza per la Salute dovrà assicurare che tutte le entità che prestano servizi sanitari “rispettino il diritto delle donne di abortire”. Per questo, hanno abolito il permesso giudiziario che finora era necessario per effettuare l'aborto in qualunque struttura.
La sentenza è giunta dopo che vari giudici colombiani avevano rifiutato di concedere questo permesso, avvalendosi del diritto all'obiezione di coscienza.
“Per quanto possano essere profonde e rispettabili le convinzioni religiose delle autorità giudiziarie nell'ambito personale, non possono esimersi dal portare avanti un caso sottoposto alla loro considerazione e decidere adducendo motivi di coscienza o basandosi sulle proprie convinzioni morali, disconoscendo il dovere di decidere in conformità con la normativa vigente”, stabilisce la sentenza.
La Corte ha anche ordinato al Tribunale Nazionale di Etica Medica di dare istruzioni a tutte le sue sezioni affinché si aprano indagini sui casi in cui i medici rifiutano di effettuare queste procedure.


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